giovedì 17 agosto 2017

DANIELA PELLICANÒ E IL DISAGIO DELL'INTELLETTUALE

Giacomo Leopardi, massimo cantore del pessimismo cosmico, in una delle sue Operette morali, «Dialogo della Natura e di un Islandese», descrive la tragica avventura di un Islandese (per lui gli islandesi erano il simbolo dell’infelicità dell’uomo) che incontra la Natura, la quale ha sembianze di donna enorme adagiata su una montagna nel cuore dell'Africa, e le chiede fervidamente la ragione del dolore dell'uomo, della sua infinita miseria esistenziale. Inutile dire che egli si senta particolarmente sciagurato, poiché il clima estremo della sua isola gli ha sempre impedito di essere felice. La Natura con cinico e beffardo distacco, intriso d’impenetrabile indifferenza, gli risponde che il mondo non è stato creato a misura d'uomo e che la vita dell'universo è frutto di un ciclo di creazione e distruzione; mentre il povero Islandese ancora manifesta disperato questo intimo disagio, che è quello del poeta, domandandosi a chi può giovare questa vita così dolorosa, viene colto da morte improvvisa che Leopardi si diverte anche a lasciare imprecisata.
Daniela Pellicanò, raffinata intellettuale e ottima giornalista-scrittrice, ha incarnato questo disagio, questo male di vivere di matrice leopardiana; era consapevole che tra lei e il mondo, si fosse compiuta l’inevitabile frattura definitiva che l’aveva portata a perdere il proprio ruolo nella società. Come tutti i letterati decadenti si sentiva ormai sradicata dal suo tempo e ha finito per darla vinta alle subdole sirene dell’autodistruzione.
Con Daniela, più giovane di me di un decennio, ho vissuto parecchie stagioni; da quella entusiasmante della militanza politica, nel fronte dell’associazionismo cinematografico, a quella del giornalismo di frontiera, tra le colonne de Laltrareggio e de Il Berlusconiere. Ci perdevamo di vista, anche per lunghi periodi, ma bastava un nulla per ritrovare l’antica intesa sulla scorta delle comuni pulsioni intellettuali. Una settimana prima della sua morte, quando la malattia aveva completato il suo lavoro agevolata dalla stanchezza esistenziale di Daniela, progettavamo di intervenire assieme alla presentazione dell’ultimo bellissimo libro di Nadia Crucitti, “L’imperfezione dell’angelo” (Città del Sole edizioni, 2015) che tratta il tema a noi caro della vita quotidiana negli anni ’70 e della rivolta di Reggio. Su questo argomento avevamo prodotto assieme un inserto quotidiano per “Il Domani della Calabria” in occasione del 25° anniversario del “Boia chi molla”. Daniela, che della Rivolta aveva solo una memoria diretta da ragazzina di sette anni, aveva attinto con passione e grande competenza professionale ai materiali custoditi nell’emeroteca della mia famiglia, che dal prossimo mese si trasferirà nella neonata Biblioteca Comunale “Antonino Arcidiaco” di San Lorenzo. Daniela in quel lavoro ha unito sapientemente documenti d’archivio, foto e articoli di giornale, ricostruendo una dettagliata e realistica storia della Rivolta che ancora oggi costituisce un sicuro punto di riferimento per gli studiosi; mia moglie Antonella Cuzzocrea, responsabile della Città del Sole edizioni, ha pensato di raccogliere quegli inserti in un volume che vedrà la luce nel prossimo mese di ottobre.
La massima espressione professionale di Daniela rimane però “Uno sparo in caserma” (Città del Sole edizioni, 2006); un volume che ricostruisce la vicenda umana e professionale del maresciallo dei Carabinieri Antonio Lombardo, che il 4 marzo del 1995 giunge alla determinazione di togliersi la vita. Lo fa con la sua Beretta d’ordinanza nell’atrio della caserma Bonsignore a Palermo in Corso Vittorio Emanuele, dopo un colloquio con alcuni suoi superiori. Un luogo frequentato da personaggi eccellenti come l’allora colonnello Mori (in seguito generale e già direttore del SISDE), il capitano (in seguito tenente colonnello) De Caprio, alias “Ultimo”. Un luogo denso di storie per ovvi motivi poco o affatto noti, un crocevia di sforzi investigativi, di energie umane spese rincorrendo obbiettivi importanti, molto importanti. Lombardo giunge al suicidio alcuni giorni dopo essere stato pesantemente accusato da Leoluca Orlando e Manlio Mele di non fare il suo dovere di Carabiniere, ciò nel corso della trasmissione televisiva “Tempo Reale”, condotta da Michele Santoro. In quegli anni era impegnato nella delicata operazione di rientro in Italia del boss Gaetano Badalamenti, il cui ritorno prometteva rivelazioni pesanti su vicende giudiziarie di enorme spessore allora in corso. Tra le altre cose pare che il boss di Cinisi avesse avuto elementi per mettere in discussione l’affidabilità di Tommaso Buscetta, il notissimo collaboratore di giustizia allora perno di molte teorie della Procura di Palermo, ad esempio nel processo Andreotti. Negli ultimi giorni della sua vita, Lombardo vede crollare nella polvere anni di lavoro certosino e pericoloso e il 23 febbraio subisce l’attacco televisivo dei due politici, senza avere la possibilità di replicare se non con una querela, atto formale che rimane molto meno potente degli effetti di una trasmissione televisiva. La vicenda del maresciallo Lombardo mi era stata raccontata dal cognato, il ten. Carmelo Canale, braccio destro di Paolo Borsellino, che era stato anche lui “tragediato” dai corvi che volteggiavano attorno ai palazzi di giustizia palermitani. Canale era stato relegato, sia pur in un ruolo di vertice, presso quella sorta di refugium peccatorum costituito dalla Scuola Allievi Carabinieri, dove lo incontrai grazie alla segnalazione di amici comuni che mi dissero che cercava un editore che desse voce alla storia di suo cognato. Ascoltato Canale, uomo spigoloso e diffidente, decisi che la vicenda meritasse di essere approfondita essendo la sua narrazione chiaramente di parte; ne parlai con Daniela che non esitò un istante ad accettare l’incarico e, da cronista di razza, si gettò nell’affaire approfondendolo con indagini e interviste esclusive svolte durante numerosi viaggi a Palermo. Il libro ebbe un notevole successo e il suo percorso fu fermato solo dall’ostilità dei vertici dell’Arma, ma soprattutto dalla querela dell’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli che ha continuato a perseguitare Daniela nelle aule dei tribunali, ritenendosi indicato nel libro quale artefice, più o meno occulto, degli attacchi a Lombardo. Ricordo con grande emozione la prima visita, mia e di Daniela, a Terrasini a casa dei Lombardo tra i divani di un soggiorno in penombra, impregnato di rabbia e di dolore; dalla cucina arrivava l’odore dei fagioli in bollitura, lo stesso piatto in preparazione il giorno che la notizia del suicidio era arrivata alla vedova, quel giorno però i fagioli nella pentola erano diventati inspiegabilmente neri… Un rapido cenno d’intesa e Daniela ed io decidemmo di aprire il libro con questa suggestione, toccò a lei, dopo, farlo diventare, a detta della critica e dei lettori, uno dei più riusciti libri-inchiesta degli ultimi anni. Il giorno della prima presentazione a Palermo, presso la grande sala della storica Biblioteca di Casa Professa, gremita in ogni angolo, l’emozione era palpabile e forte si levò il grido di rabbia dei colleghi di Lombardo tra l’imbarazzo dei pochi alti graduati presenti, alcuni rigorosamente in incognito. Daniela continuò a esporre e a difendere il suo lavoro in tutte le successive presentazioni pubbliche anche quando, riorganizzatisi dopo la sorpresa iniziale, i burattinai delle torbide vicende palermitane cominciarono ad affondare i loro colpi tesi a riportare la vicenda nell’oblio. Con Daniela speravamo di riuscire ad avere la meglio, nonostante tutto, in tribunale ed ipotizzavamo un rilancio trionfante del libro ma la sorte beffarda ha voluto che le fasi del giudizio non giungessero a conclusione, come ha recitato professionalmente uno dei nostri avvocati, poiché “il processo è da ritenersi estinto a causa della scomparsa della principale imputata”…
Daniela è scomparsa e il destino ha voluto che in questi giorni io mi sia ritrovato a trasferire e rimettere in ordine la mia emeroteca: sul dorso dei faldoni la sua scrittura chiara e ordinata e sui miei occhi le lacrime.
Franco Arcidiaco





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